Italian Paleography

New York City, Morgan MS M.289

Dante Alighieri

Copy of Dante Alighieri’s Divine Comedy

Florence, between 1330 and 1337

 

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”,,”Copy of Dante Alighieri’s Divine Comedy “,”

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f. 1r:
Incomincia la Co(m)media di Dante Alleghie(r)i di Fire(n)ze nella quale tracta delle pene (et) punimenti de viçii (et) demeriti (et) premii delle virtù. Canto primo de la prima parte la quale si chiama Inferno nel quale l’autore fa prohemio a tutta l’o pera. Nel meçço del ca(m)min di nostra vita mi ritrovai per una selva ob scura che la diricta via era smarrita. Et quanto a dir qual’era è cosa dura esta selva selvaggia (et) aspra (et) forte che nel pensier rinova la paura. Tante amara che poch’è più morte ma p(er) tractar del ben ch’ivi trovai dirò de l’altre cose ch’i’ v’o scorte. I’ non so ben ridir com’ io v’entrai tant’ era pien di sonno a quel punto che la verace via abandonai. Ma poi ch’io fui al piè d’un colle giunto là dove terminava quella valle che m’avea di paura il cor compunto. Guardai in alti (et) vidi le sue spalle vestite già de raggi del pianeta che mena dricto altrui p(er) ogne calle Allor fu la paura um poco cheta che nel lago del cor m’eran durata la nocte ch’i’ passai con tanta pieta Et come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago alla riva si volge a l’acqua perighosa (et) guata Così l’animo mio c’ancor fuggiva si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò giamai persona viva Com’io posato un poco il corpo lasso ripresi via per la piaggia diserta sì che ’l piè fermo sempr’era il più basso. Et eccho quasi al cominciar dell’erta una lonça leggera (et) presta molto che di pel maculato era coverta Et no(n) mi si partia dinançi al volto ançi impediva tanto il mio ca(m)mino ch’i’ fui per ritornar più volte volto Temp’ era dal principio del matino el sol montava ’n sù con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino Mosse di prima quelle cose belle sì ch’a bene sperar m’era cagione di quella fiera la gaetta pelle. L’ora del tempo (et) la dolce stagione ma non sì che paura no(n) mi desse la vista che m’aparve d’un leone. Questi parea ke contra me venisse con la test’ alta (et) con rabbiosa fame sì che parea che l’aere ne temesse. Et una lupa che di tutte brame sembiava carca nella sua magreçça (et) molte genti fé già viver grame Questa mi porse tanto di graveçça con la paura ch’uscia di sua vista ch’io perdei la speranza de l’alteçça Et qual è quei che volontieri acquista (et) giugne ’l tempo che perder lo face ke ’n tutti suoi pensier piange (et) s’atrista Tal mi fece la bestia sança pace che venendomi incontro a poco a poco mi ripignea là dove ’l sol tace Mentre ch’i’ ruvinava in basso loco dinançi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenço parea fioco. Quando vidi costui nel gran diserto miserere di me gridai allui qual che tu sii od ombra o homo certo Rispuosemi non homo homo già fui (et) li parenti miei furon lombardi mantoani per patria ambedui. Nacqui sub Giulio ancor che fosse tardi (et) vissi a Roma sotto ’l buono Agusto al tempo delli dèi falsi (et) bugiardi.  

f. 1v:
Poeta fui (et) cantai di quel giusto figluol d’Anchise che venne da Troya poi che ’l superbo Ylion fu combusto Ma tu perché ritorni a tanta noia perché non sali il dilectoso monte ch’è principio (et) cagion di tutta gioia. Or se tu quel Virgilio (et) quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume rispusi lui con vergognosa fronte O degli altri poeti honore (et) lume vagliami il lungo studio el gra(n)d’amore ke m’ha facto cercar lo tuo volume. Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore tu se’ solo colui da chu’ io tolsi lo bello stilo che m’ha facto honore. Vedi la bestia per chu’ io mi volsi: aiutami dallei famoso saggio ch’ella mi fa tremar le vene e polsi Atte convien tener altro viaggio rispuose poi che lagrimar mi vide se vuo’ campar d’esto loco selvaggio Ché questa bestia per la qual tu gride non lascia altrui passar p(er) la sua via ma tanto lo ’mpedisce che l’uccide Et a natura sì malvagia (et) ria che mai non empie la bramosa voglia (et) dopo ’l pasto a più fame chempria Molti son li animali a cui s’amoglia (et) più saranno ancora infin ke ’l veltro verrà che la farà morir con doglia. Costui non ciberà terra né peltro ma sapiença amore (et) virtute (et) sua naçion sarà tra feltro (et) feltro. Di quella humile Ytalia fia salute per cui morì la vergine Camilla Eurialo (et) Turno (et) Niso di ferute. Questi la caccerà p(er) ogne villa fin che l’avrà rimessa nello ’nferno là onde invidia prima dipartilla. Ond’ io per lo tu mei penso (et) discerno che tu mi segui (et) io sarò tua guida (et) trarrotti di qui p(er) loco ecterno Ove udirai le disperate strida vedrai li antichi spiriti dolenti ch’a la seconda morte ciascun grida Et vederai color che son contenti nel fuoco perché speran di venire quando che sia a le beate genti A le quai poi se tu vorrai salire anima fia acciò più di me degna con lei ti lascerò nel mio partire Ché quello imperador che lassù regna perch’ io fui rubellante a la sua legge no(n) vuol che ’n sua città per me si vegna In tutte parti impera (et) quivi regge quivi è la sua città (et) l’alto seggio o felice colui chu’ ivi elegge. Et io a lui poeta io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti acciò ch’i fugga questo male (et) peggio Che tu mi meni là dove or dicesti sì ch’io veggia la porta di sam Pietro (et) color cui tu fai cotanto mesti Allor si mosse (et) io li tenni retro. Canto ii de la prima parte nel quale fa pro hemio a la prima canticha cioè a la prima parte di questo libro solame(n)te (et) in q(ue)sto canto tracta l’autore come trouce Vir gilio il quale il fece sicuro del cammino per le tre donne che di lui aveano cura nella corte del cielo.   Lo giorno se n’andava (et) l’aere bruno toglieva li animali che sono in terra dalle fatiche loro (et) io sol uno M’aparecchiava a sostener la guerra si del cammino (et) si della pietate che ritrarrà la mente che non erra. O muse o alto ingegno or m’aiutate o mente che scrivesti ciò k’io vidi qui si parrà la tua nobilitate Io cominciai poeta chemmi guidi guarda la mia virtù s’ el’ è possente prima ch’al’ alto passo tu mi fidi.