Italian Paleography

Chicago, Newberry VAULT Case MS 5A56

Benvenuto Cellini

Cellini Letter

Florence, 27 November 1565

 

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Mag(nifi)co M(esser) Giovanni et molto mio oss(ervandissi)mo:

Io ringratio con tutto il quore S(ua) E(ccellenza) I(llustrissima) pregando sempre Iddio che felicissima quella lungamente conservi.  A me no(n) è nuova la virtuosa et amorevol discretione di S(ua) E(ccellenza) I(llustrissima). Et quanto al mio Neptunno p(er) levarlo della loggia ho considerato che il più commodo luogo sarebbe traportarlo in S(an)to Michele, che se bene vi, e, moltissime balle di lana, anchora vi sarebbe luogo p(er) accommodar beniss(im)o: la detta figura, et quivi per esservi lumi et stanza à proposito quando e piacessi à S(ua) E(ccellen)tia: si potrebbe finire, et col mutarle un braccio, et avvogerle un’Aquila se ne faria una bella statua dedicata à Giove: Et pìu, et manco la volunta di S(ua) E(ccellenza) I(llustrissima). Hor quanto all’ levarla io no(n) cognosco homo piu atto ch’ un m(aestr)o Giannello ch(e) sta à Pitti il quale, è, p(er)sona ingegnosissima et discreta, et con una parola di V(ostra) S(ignoria) so ch(e) volentieri ei piglierebbe tale inpresa, la qual si potrebbe fare un’ dì di festa ch(e) co(n) migliore scusa manco si impedirebbe le maggior faccende di S(ua) Ecc(ellenz)a.

Quando V(ostra) S(ignoria) vedessi ch(e) l’impresa del levar la mia detta figura apparissi fastidiosa, io le dico ch(e) p(er) esser tanto p(er)cosso dalla mia mala fortuna io no(n) posso tanto contrastar con essa ch’ io basti; solo la voglio avertire, ch’ havendola, o a levare, o à disfare quivi  ch’ ai mia p(er)fidi invidiosi nimici no(n) riesca loro quelch’e volson fare con ogni diligentia quando, e cavorno il Neptunno di marmo del Amannato, ci lasciorno cadere una grandissima trave a posta in sul mio Persio, il quale si piegò tanto a terra che ciascun che lo vedde si maravigliò ch’ ei restassi in piede; gli e pure stato tanto lodato dalla maravigliosa squola fiorentina, et tanto piaciuto à S(ua) E(ccellenza) I(llustrissima) ch’ io no(n) penso mai che questo sia di suo consentime(n)to, et p(er) queste cause ditte io ho usato dire l’essere asassinato, la qual parola e mia signori hanno pensato ch’io la dica p(er) loro dove io mai mi dolgo di loro, ma si bene della mia mala fortuna et della cattività delle da poche invidie, ch’ se le virtù di quelli ch’ mi fanno tanto male fussino tanto valide eglino no(n) si curerireno ch’ l’op(er)e mie stessino in piede: Altro no(n) mi occorre dirle seno(n) pregando ch’ la mi comandi, et Iddio la conservi di casa il dì 27 di Novebre 1565.

Alli servitii di V(ostra) S(ignoria)

Benvenuto Cellini